About Skin propone circa 50 scatti full page del fotografo italo-giordano Mustafa Sabbagh. Assieme a foto di paesaggi, foto di moda e still life sono, soprattutto, i ritratti di persone (sia professionisti che soggetti casuali) a rivelare, sin dalle prime pagine, il vero tema del libro: la pelle umana. Lontano, infatti, dalla prassi imperante, e ormai imprescindibile, del fotoritocco, Sabbagh si muove con disinvoltura nel contesto patinato della fotografia di moda, mettendo però in primo piano dei soggetti che celebrano, attraverso una ricerca sensibile, le naturali imperfezioni del tessuto epiteliale. About Skin, rivela dunque - fra stilizzati paesaggi e languidi fiori - una teoria di nei, cicatrici, pelli arrossate, vene, rughe, smagliature, segni provocati dai vestiti: un atlante che, da una parte, rimanda l’osservatore alla pittura nordeuropea del ’500 e ’600 (vedi gli olandesi delle nature morte e i ritrattisti del Rinascimento nordico) e, dall’altra, alla fotografia dei contemporanei Wolfgang Tillmans, Jurgen Teller e Rineke Dijkstra. Scrive Patrizia Silingardi nel testo che accompagna le immagini: “La fotografia di Mustafa Sabbagh è una distillazione limpida, una preziosa cristallizzazione: una tecnica esattissima grazie alla quale è possibile restituire l’incostante empirismo emotivo della realtà. Nel dissennato tentativo di catturare il fagocitante flusso del tempo, le fascinazioni del sidereo, del lenticolare, di quell’estetica d’oltralpe – che dalle antiche intuizioni della Scuola delle Fiandre, si compie nell’odierna avanguardia scandinava della fotografia – si susseguono nel ritrarre un corpus di adolescenziali fisionomie intrise di raro lirismo. Di consueto si tratta di ritratti semplici e dimessi, puliti e minimalisti, pur sempre diffusi di luce impietosa su inquadrature implacabili. Nonostante qualche deliquiale paesaggio compare nel ricordo di taluni capolavori del cinema e della pittura, l’en plein air quasi scompare. Eluso ogni contesto circostanziale – solo talvolta compaiono gli accessori, le stanze e le suppellettili – rimangono le insistenze di un nulla fluttuante, di un (sotto)fondo pallido, un sipario rigido che racchiude lo spazio, cattura e obbliga i soggetti al vicinissimo imbarazzo del primo piano di visione. E, infatti, come omaggio alla beauté convulsive e alla carnalità perturbante, la camera di posa è di consueto una sorta di asettico boudoir dove sono catturate le pose private e le disposizioni d’animo di controversi dandies efebici e pasoliniani o di compiante ninfe, belle come lo fu Christiane F. o la Marchesa Luisa Casati”. Mustafa Sabbagh nasce ad Amman (Giordania) e studia architettura all’Università di Venezia. Formatosi a Londra come assistente di Richard Avedon, nel 2007 collabora con la prestigiosa Central Saint Martins College of Art and Design. Pubblica diversi lavori in numerose testate tra le quali Arena, The Face, Vogue Italia, l’Uomo Vogue, Rodeo, Gasby, Front, Kult, Sport & Street, ecc.. Dal 2004, partecipa a diversi progetti editoriali e espositivi (Bread & Butter, Berlino, 2004; Human Game e Welcome TO MY HOUSE, Firenze, 2006; Lee jeans book, Berlino; Bepositive, Edwin, Forfex, Milano_ White, 2009; Carne, Milano, Superstudio, 2009). Nel 2009 partecipa a Like-us, evento itinerante ed interdisciplinare inserito nel circuito Off di Bologna Arte Fiera.
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